Motori – Quel giorno con Niki… Il mito e la passione.
Di Alessandro Biagi
Il ricordo non può essere sbiadito perché di indelebile consistenza l’importanza per chi lo ha vissuto. La foto un po meno, perché subisce maggiormente le ingiurie degli anni. Del resto ne sono passati “solo” trentaquattro, da quel giorno di maggio nel quale la passione per lo sport delle quattro ruote ci portò all’incontro con uno dei più grandi personaggi sportivi dell’ultimo secolo. L’occasione fu la consegna del “Premio Volante d’Oro”, istituito l’anno precedente con gli amici di Canale Uno, l’emittente radiofonica del non dimenticato Mariano Monforte, papà del bravo collega Roberto. Si intervistavano i giornalisti del mondo della Formula Uno ai quali veniva chiesto chi, al di la del mero risultato sportivo, poteva essere meritevole di un riconoscimento per il valore delle prestazioni rese e delle emozioni trasmesse. L’anno precedente lo vinse Elio De Angelis. Nel 1985, per la stagione precedente, il premio fu attribuito a Niki lauda, che vinse il Mondiale F.1 del ritorno, con solo mezzo punto di scarto sul compagno di squadra Alain Prost. Con il patrocinio dell’Automobile Club Frosinone del “presidentissimo” Angeluccio Cristofari, che mise materialmente a disposizione il Trofeo e, con pochi spicci di budget ci recammo a Montecarlo, in occasione del Gran Premio di Monaco, per la consegna del Premio. Non fu difficilissimo, grazie alla lungimiranza e sensibilità dell’A.C.M. (Automobile Club di Monaco) avere il “pass” per accedere ai box dove avevamo l’appuntamento con il grande Niki. Ci aspettavamo un trattamento frettoloso da parte del Campione, preso dalla frenesia della competizione. Ed invece fu sorprendentemente accogliente e disponibile. Avevamo concordato l’appuntamento con il suo staff e lo trovammo appoggiato al muretto dei box colloquiare con Aleardo Buzzi, all’epoca il numero uno della Philip Morris, ovvero Marlboro. Forse perché incuriositi dall’intraprendenza di questo imberbe giornalista, Lauda e Buzzi si resero subito disponibili. Scambiammo qualche parola di circostanza e, poi, la consegna del “Premio”. In quell’occasione spiegammo che quel Premio era frutto della mera passione per questo sport, della volontà di ricordare quello che era stato uno dei piloti più forti e sfortunati del “circus”, temutissimo dallo stesso Niki, Ronnie Peterson, il cui ricordo era a nostro avviso meritevole di essere riproposto nell’attribuire al “più forte”, un premio a suo nome. Niki capì il messaggio, la passione che c’era dietro quel gesto, quel Premio e, con un italiano molto approssimativo, rimasto identico negli anni, ci disse: “Ragazzo segui passione, è benzina di cuore”. Quelle parole sono rimaste scolpite nell’animo, hanno indirizzato ogni scelta. Quelle parole rivelarono anche l’essenza di un personaggio visto all’epoca come un pragmatico calcolatore e che invece faceva ed ha fatto della passione una condotta di vita. Niki ha seguito solo e sempre la sua passione. Quando scese dalla macchina nel nubifragio del Fuji consegnando il titolo mondiale 1976 a James Hunt. Non lo fece per paura, ma per coerenza con il suo modo di essere. Correre con quelle condizioni non lo appassionava, lo faceva sentire un corpo estraneo al suo essere. Si fermò ed andò via. Così come quando decise il suo primo ritiro dalle competizioni. Lo racconta Pino Allievi, uno dei più grandi giornalisti in assoluto dell’automobilismo sportivo nel suo libro “Vite di Corsa”. Racconta di quando “Niki Lauda il 28 settembre del 1979 dopo le prove del Gp del Canada scese dalla Brabham e rivolgendosi a Ecclestone, allora patron della scuderia, disse: «Basta, non ce la faccio più a girare in tondo, me ne vado scusami tanto». Bernie pensò a uno scherzo, invece Lauda rientrò in hotel per prendere le valigie e imbarcarsi poi sul primo aereo. «Non ne potevo più, d’improvviso mi chiesi che cosa stessi facendo nell’abitacolo di un’auto da corsa e mi sentii un estraneo. Completai il giro, salutai tutti e me ne andai». Una decisione presa in un istante”. Una decisione dettata dalla passione. Così come la passione per gli aerei e l’aeronautica, lo portò a fondare e portare al successo due sue compagnie, la Lauda Air e la Niki Fly. Ecco, Niki non era un freddo calcolatore, un business man dal cuore di pietra. Niki era un appassionato delle corse e della vita e, quel messaggio, quell’invito rivolto al giovanissimo giornalista, in poche sillabe hanno disegnato la sua essenza e tracciato un percorso. Sempre Pino Allievi, nel suo libro Vite di Corsa, ci tramanda quest’altro passaggio, particolarmente significativo del Niki-pensiero: “Trovare l’equilibrio sapendo che il tuo modo personale per arrivare alla felicità è spesso in conflitto con quanto desiderano tua moglie, la tua famiglia. La gente scontenta è scontrosa perché annega nella noia o non sa che cosa fare. Anche se non hai un lavoro devi impegnare il tuo tempo in cose banali, come leggere un libro. L’infelicità prospera dove mancano le passioni».